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Trani e il prestigio della tradizione forense

Quando si arriva a Trani, si viene rapiti dalla sua Cattedrale che sembra essere un’enorme nave che veleggia in un mare limpido e il campanile il suo albero maestro che si eleva verso il cielo.

Ma se l’inizio della costruzione di questo “faro” risale alla fine dell’anno Mille, è in Piazza Quercia il monumento che racchiude in sé la narrazione dell’importanza di Trani.

Una stele bronzea ricorda che gli Ordinamenta Maris furono redatti a Trani nel 1063. Sono una raccolta medievale di norme ritenute “consuetudinarie” inerenti al diritto marittimo pubblico e privato.

All’indomani della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la regolamentazione dei traffici marittimi medievali aveva attinto ad uno ius commune maritimum, per poi essere contemplata in raccolte in cui consuetudini professionali di retaggio rodio-romano ed usanze mercantili bizantine ed arabo-ebraiche, diedero vita agli Statuti del Mare.

Ma perché proprio Trani?

Questa città, da pochi anni componente la provincia Barletta-Andria-Trani, ha una tradizione giudiziaria che nasce in tempi antichissimi.

La presenza del Catapano risale all’epoca bizantina e quella del Gastaldo a quella normanna; inoltre, Trani, essendo stata terra d’approdo a partire dalla prima metà dell’XI secolo degli Ebrei provenienti dalla Spagna islamica, vantava una cospicua presenza di questa collettività che andarono a costituire l’ossatura della cittadina. Prova della loro importanza in seno alla comunità tranese è la protezione a loro conferita dall’imperatore Enrico VI di Svevia prima e Federico II poi, che addirittura riservò loro il privilegio del monopolio del commercio e della seta.

Fu così che nella libera città di Trani, Universitas, nel 1063, sotto l’imperio del Conte Pietrone II, si compilarono, ad opera di giuristi tranesi, gli “Ordinamenta et consuetudo maris edita per Consules Civitatis Trani

La datazione è presente nell’introduzione: “Al nome de lo omnipotente Dio Amen. Millesimo sexagesimo tertio prima indictione. Quisti infrascripti ordinamenti et rasone fo facti ordinati et providuti et ancora deliberati per li nobili et discrti homini, Misser Angelo de bramo, Misser Simone de brado, et Conte Nicola de Roggiero, de la cità de Trani, electi consuli in arte de mare, per li più sufficienti che si potesse trovare in quisto golfo Adriano”.

È il primo codice mondiale della navigazione che consta di 32 articoli, alcuni dei quali ancora riportati nel vigente Codice omonimo. Comunemente si ritiene che gli Ordinamenta di Trani siano una raccolta di norme consuetudinarie, mentre alcuni studiosi sostengono che si tratti di decisioni rese da esperti da cui la denominazione di ordinamenta.

Questo primato di “primo codice”, però, è contestato da alcuni studiosi che vorrebbero assegnarlo alla Tabula de Amalpha, generando un accesso dibattito su quale sia il corpus di consuetudini marittime più antico. Compito certamente non agevole, considerando lo stato in cui i documenti analizzati dagli storici è giunto fino a noi.

Tuttavia, mentre per gli Statuti Marittimi tranesi nell’incipit del testo è indicata la data di compilazione, per la Tabula non vi è alcun indizio che porti ad una data precisa, tant’è che il testo amalfitano è ormai considerato una raccolta di regole stratificate e risalenti a periodi differenti a partire dalla fine dell’XI o inizio XII secolo.

Analogie testuali indicano comuni radici nel diritto marittimo bizantino fondato a sua volta sulla precedente legislazione di Rodi e la giurisprudenza marittima romana.

Sia Amalfi che Trani pongono ai vertici dell’amministrazione legislativa e giudiziaria in materia di navigazione i Consoli del Mare preposti a  giudicare le controversie inerenti ai contratti mercantili di vario genere. Interessante è certamente il ruolo assunto dalla figura del marinaio, fino a quel momento ritenuto un semplice schiavo al servizio del padrone, chiaro retaggio del mondo antico, che invece assume una propria dignità, diventando a tutti gli effetti un lavoratore che necessita di tutela sia previdenziale che contrattuale, alla stipula del quale riconosceva, mediante giuramento innanzi ai Consoli del Mare, il proprio obbligo di subordinazione al padrone della nave e al nocchiero. In essi, inoltre, era stabilita anche la gerarchia di bordo che vedeva come figura più importante il capitano, “patronus”, seguito dal nocchiero, “comitus”.

Sta di fatto che a Trani sin dall’anno 1063 non solo si legiferava, ma si amministrava giustizia. Infatti la storia giudiziaria di Trani non si esaurì con la redazione di questo importantissimo codice. Molto deve la tradizione giudiziaria alla presenza ebraica: la loro assoluta imparzialità, era riconosciuta dall’intero mondo cristiano, tanto che i Cristiani preferivano farsi giudicare da un giudice ebreo. Gli stessi Statuti Marittimi per due terzi furono firmati da Ebrei.

Le più importanti disposizioni furono concepite proprio a Trani: grandi maestri vi fecero tappa per consultarsi con i rabbini e con i dottori della legge. Trani culla del diritto, dunque, non soltanto per gli Ordinamenta Maris, ma perché luogo in cui si è esercitato il potere temporale mediante la giustizia.

Per fare giustizia, i Tranesi non siano portati ad altro tribunale al di fuori della città e non siano allontanati dai loro giudici”. È il regio decreto del 28 aprile 1215 con il quale Pier delle Vigne, cancelliere di Federico II, riconobbe ed assegnò ai Tranesi il diritto di essere giudicati nella propria città nelle cause civili e penali. Federico II concesse così a Trani il suo primo Tribunale. Lo stesso Pier delle Vigne, nel 1231, fece disporre la difesa gratuita in favore dei poveri, assegnò il numero ai notai e agli avvocati e impose ai giudicanti di scrivere le sentenze che in precedenza non venivano neanche annotate.

Insomma, tutto quello che noi conosciamo oggi come “giustizia” ebbe inizio proprio in questa meravigliosa cittadina sul mare, bianca della sua pietra calcarea che proseguì nella sua tradizione forense con Carlo I d’Angiò prima e Re Alfonso I d’Aragona poi che nel 1444 assegnò alla Corte del Capitano di Trani la competenza sui gravami delle cause civile e penali dei giudici minori, sottraendoli così alla Corte di Napoli.

Filippo II di Spagna, volendo sdoppiare la Sacra Regia Udienza, decise di collocare proprio a Trani la seconda sede, in quanto la Sacra Regia Udienza di Apulia a Lecce non era sufficiente a garantire la totale amministrazione del territorio, a causa delle difficili comunicazioni tra la città salentina e le altre città di competenza dell’udienza.

Questa decisione fu molto osteggiata soprattutto da Bari che riteneva Trani in posizione geografica sfavorevole, essendo all’estremità delle Terre di Bari e quindi inadatta al ruolo di centro amministrativo.

Tuttavia Filippo II era consapevole che Trani era una città con un passato glorioso e con una lunga tradizione di giuristi, consuetudini e cause inoltrate dai Tranesi durante i secoli del primato mercantile. E Il modo in cui riuscì nel suo intento è veramente singolare.

Poiché Trani in quel momento era sprovvista di una sede prestigiosa ove ubicare l’organo giudiziario, la seconda Sacra Regia Udienza fu stabilita a Bari, ma solo per un biennio di prova, soddisfacendo così l’insistenza dei sindaci anche di Barletta e Bitonto. Due uditori spagnoli, un preside e l’attuario formarono il nuovo tribunale che trovò collocazione nel Palazzo del Vescovo di Polignano, a poca distanza della Cattedrale di San Nicola.

Alla fine del biennio di prova Re Filippo II decretò di stabilire a Trani la sede definitiva della seconda Sacra Regia Udienza, motivando la scelta oltre che per la “grande fama della città” anche per la necessità di allontanare “dal vicino Santuario di S. Nicola l’esercizio del carnefice”.

Per Trani questa decisione fu linfa vitale: a partire dal 1541, infatti, anno in cui aveva cacciato gli Ebrei dal territorio, la città aveva avuto un lento ed inesorabile declino, perdendo i suoi primati commerciali. Barletta era diventata il porto più importante per il commercio del grano e del sale mentre Bitonto aveva acquisito maggiore importanza per quello dell’olio. La riduzione dei commerci nell’Adriatico verso Levante a causa delle incursioni turche e della scoperta dell’America con i conseguenti nuovi traffici e la scarsa cura per le opere portuali da parte degli Spagnoli avevano innescato quella crisi economica che aveva comportato la riduzione dei commerci e il progressivo spopolamento della città.

Il 5 luglio 1586 quindi, abolita la Corte del Capitano, la Sacra Regia Udienza della provincia di Terra di Bari in Trani si insediò nel Castello appena restaurato. La seconda opportunità per tornare ai fasti di un tempo era stata data a Trani!

Bari non si arrese mai a questo smacco, ma solo con Gioachino Murat, forse risentito dall’atteggiamento tranese durante la rivoluzione del 1799, ottenne la dislocazione della Sacra Regia Udienza che fu confermata nel 1923 da Benito Mussolini.

Nel 1952, riconoscendo la tradizione forense della città di Trani, si è istituita la Corte d’Assise, con giurisdizione su 12 comuni. Un “contentino”, certo, ma pur sempre di rilevanza 

Ma nonostante non sia più quella CORTE DI APPELLO DELLE PUGLIE che giganteggia sul palazzo di fronte la Cattedrale, Trani mantiene inalterato il fascino e il prestigio della sua classe forense.

Anna Maria

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